11 gennaio 2007

La strada per Guantanamo

Oggi sulla strada per Guantanamo c'è un corteo.

C'è la signora Cindy Sheehnan, a cui è morto il figlio in guerra, in Iraq. Non riesco a non pensare, che poteva non andarci.

C'è anche la signora Zohra Zewawi, che ha il figlio prigioniero dentro alla base, dove con tutta probabilità l'hanno spedito i compagni del figlio della signora Sheehnan.

Poi c'è Asif.

Asif io non lo conoscevo, fino alla settimana scorsa. Poi sono entrato in un Blockbuster, e ho noleggiato il dvd di un film che non mi è riuscito di vedere al cinema, "the road to Guantanamo".
Quello che vedete è il suo manifesto per gli USA.

Ma negli USA non l'hanno mai visto, questo manifesto, perchè è stato censurato. Dicono le autorità USA che questa immagine è inappropriata, potrebbe urtare i minori che la vedono, perchè induce a pensare alla tortura. Perciò il manifesto è stato cambiato in un primo piano sulle mani ammanettate.

Il fatto è che le mani sono quelle di Asif, è lui quello ammanettato, lui è stato torturato.

Asif è un inglese di origine pakistana. Sta a Tipton. Nel 2001 gli combinano un matrimonio, come avete visto fare in East is East, anche se siamo trent'anni dopo. Raggiunge il padre in Pakistan, la sposa va bene, ok: chiama dall'Inghilterra gli amici Ruhel, Shafiq e Monir per le nozze, e loro lo vanno a trovare.

Prima della cerimonia visitano il Pakistan, e arrivano al confine con l'Afghanistan proprio mentre si alzano i venti di guerra. Sentono accorati appelli ad aiutare gli afghani, forse sono sprovveduti, forse vogliono fare un'avventura prima del matrimonio, forse sono troppo idealisti... passano il confine e cominciano a girare l'Afghanistan mentre l'Alleanza del Nord avanza coperta dai bombardamenti americani (e il mullah Omar scappa in moto). Provano a ritornare indietro, non li lasciano, si ritrovano nell'occhio del ciclone: Monir scompare per sempre durante un bombardamento, gli altri tre vengono arrestati, minacciati di morte, sbattuti in prigione e poi deportati a Guantanamo.

Asif e i suoi amici a Guantanamo ci restano due anni, a subire celle di isolamento, torture psicologiche, privazioni, insulti, botte, interrogatori condotti da finti militari inglesi e veri agenti segreti inglesi, con nessuna intenzione di aiutarli ma con una voglia matta di giocare agli indiani e cowboys. Arrivano agenti della CIA con falsi filmati, false foto, false dichiarazioni - ad ogni frase detta dai prigionieri corrisponde una falsa prova, ma per fortuna i militari non ce la fanno neanche quando hanno tutto pronto, e cadono su alcuni dettagli fondamentali: in quella foto lì uno dei ragazzi ha una tuta adidas, ma lui ha dichiarato di avere solo pantaloni della tuta adidas; dall'altra parte l'altro è in un campo di addestramento di al-qaeda in Pakistan, mentre era sotto custodia legale della polizia inglese a Tipton... gli intelligentoni made in USA si sono dimenticati di controllare, troppo sicuri di sè come sempre, e da qui pian piano con una lunghissima guerra di posizione si arriva finalmente al rilascio dei tre.

Anni dopo Asif è lì fuori, oggi, e in mezzo mondo ci sono dimostrazioni contro la mostruosità della prigione di Guantanamo.

Contro lo scandalo del Paese che vuole insegnare la democrazia al mondo, e per farlo usa la tortura, la prigione senza processo, il disprezzo della convenzione di Ginevra sui prigionieri, la mostruosità giuridica che chiama "guerra preventiva".

Io oggi sono a letto con la febbre, ma quando ho visto il nome di Asif tra i dimostranti a Guantanamo, su una news della BBC, ho fatto un salto. Cosa avrà pensato, a ritrovarsi lì fuori?
Quanta forza ci vuole a ritornarci? Quanta ce ne vuole per uscirne fuori tutto intero, mente e corpo?

Chi vuole la pace, faccia la pace.
Chi vuole la democrazia, pratichi la democrazia.
La prigione sulla strada di Guantanamo non deve esistere.

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