Non è passata via così.
E' sempre lì di fianco, come una presenza, un fastidio in sottofondo.
Quando ero un ragazzino, la polizia ammazzava la gente per strada.
Nomi, storie lontane come quelle di Luca Rossi, storie di venti anni fa.
Quasi venti anni fa è nato Federico Aldrovandi, che venti anni non li avrà mai.
Lo vedete come è finito. Come lo hanno finito.
In un fermo di polizia: inizia con uno in divisa che dice "alt documenti", e finisce con un ragazzo morto, in terra, con le manette ai polsi.
ANCORA?
Se guardate un po' di post indietro, trovate la storia di Rumesh, a Como.
Adesso sta meglio, è in carrozzina ma si è rimesso.
Dopo la manifestazione che a Como ha salutato il suo ritorno, tutti i titoli dei giornali locali erano per le scritte sui muri lasciate dai ragazzi al loro passaggio.
Non sta bene leggere nei pensieri, ma li vedo ben chiari: "era meglio se lo ammazzavano, lui e tutti questi". Li vedevano chiari anche i ragazzi di Como, questi pensieri: per questo dopo il ferimento di Rumesh scrivevano sui loro cartelli "Sono giovane, sparatemi in testa".
A Ferrara non parla nessuno, i giornali locali hanno già emesso la loro sentenza un anno fa, il questore è saltato e adesso ce n'è uno nuovo, fanno le indagini, fanno il processo alla polizia -
e in testa subito partono le canzoni, sul potere che assolve sempre il potere...
Non mi interessano i colpevoli, non mi interessa colpa e punizione: mi interessano i conti.
Negli ultimi cinque anni, due morti e un ferito grave sempre con coinvolgimento pesante della polizia o dei carabinieri: Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Rumesh.
Tutte storie diverse, certo. Però mi viene da tenerle insieme.
Come le tenevano insieme i tanti ragazzi e non solo, che a Ferrara dicevano, Verità grido il tuo nome.
06 ottobre 2006
Verità grido il tuo nome
Pubblicato da michele alle 8:57 PM
Etichette: giovani, italia, repressione
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1 commento:
who kill the youth ‘pon the block
WL
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